L’ex genaral manager giallorosso ha rilasciato un’intervista a Sky Sport per il documentario “Bournemouth, don’t call it Cindralla anymore”, in cui ha ricordato gli anni passati a Roma, le trattative e gli acquisti più importanti fatti durante la sua esperienza nella capitale. Non poteva mancare l’elogio alla tifoseria giallorossa che riempiendo ogni partita lo stadio ha reso speciali gli anni del manager a Roma.
A seguire le parole di Tiago Pinto:
Ha parlato delle principali differenze che ha trovato nel passaggio dalla Roma al Bornemouth:
“In Inghilterra ma soprattutto qui a Bournemouth ho ritrovato la capacità di pianificare con tempo, avere una strategia chiara nel reclutamento e nel calcio che dobbiamo giocare. Invece alla Roma e al Benfica la pressione mediatica da parte dei tifosi e della stampa – e nel Benfica anche per le elezioni – cambia il fatto di voler fare le cose con strategia”.
Parlando della crescita a livello professionale ha citato alcuni DS con cui ha lavorato:
Nell’avventura a Roma sono cresciuto molto come direttore sportivo. Mi ha fatto molto piacere lavorare in Italia con grandi DS come Paolo Maldini, Massara, Ausilio, Pantaleo Corvino, che è un mio amico e mi ha tanto aiutato”.
Ricordando il suo periodo romanista il portoghese ha menzionato i tifosi e l’atmosfera che si respirava allo stadio:
“Un posto speciale, nei tre anni in cui sono stato lì non sono mai stato uno che parlava molto dei tifosi ma quello che mi manca veramente sono loro. Penso sia impossibile vivere in un altro stadio ciò che ho trovato in quello stadio”. La passione che i tifosi hanno per la squadra è una roba da brividi. Io scherzo un po’ con i miei amici del Benfica, loro sostengono che i tifosi del Benfica siano i migliori al mondo, io rispondo che lo pensano solo perché non sono mai stati a Roma”.
Sui tifosi:
“Sono stato molto fortunato perché in quei tre anni per strada tutti i giorni i tifosi mi hanno sempre trattato benissimo”.
Oltre ad aver parlato della tifoseria e dell’ambiente romano Tiago Pinto ha ricordato gli acquisti fatti per la Roma, soffermandosi proprio su Svilar, preso a parametro zero dal Benfica, che sta attraversando un momento di crescita esponenziale.
Queste le parole sul portiere giallorosso:
“Mile è un ragazzo molto speciale. Tutti gli allenatori dei portieri con cui lui ha lavorato mi hanno sempre detto che lui era il migliore mai avuto. Tutti i giocatori che hanno giocato con Mile e tutti gli allenatori che lo hanno allenato mi hanno ripetuto lo stesso”. Cosa ha rallentato dunque il suo exploit? “Gli mancava il ‘click’. Perché chi lo vedeva in allenamento si rendeva subito conto che quel ragazzo non era normale”.
A chi va il merito della sua crescita?:
“Tutto merito suo, io non c’entro nulla. Per me era ovvio che sarebbe diventato uno dei migliori del mondo ed era solo una questione di tempo. Quando vedo le parate che fa, mi emoziono. A Benfica lo chiamavo ‘il mio Golden boy’”.
Qual è stato l’acquisto del cuore?:
“È difficile perché ancora oggi mantengo i contatti con tutti i giocatori che ho preso. Lo faccio sia se hanno fatto bene sia se hanno fatto male. Svilar, Ndicka, Aouar, Paredes. E non posso dimenticare il più grande di tutti, Dybala, che non posso non dire che è speciale. Lo guardi in allenamento, tocca il pallone e pensi: ‘Bingo’. Tutte le altre cose sono chiacchiere. Per me è difficile sceglierne uno ma se dovessi farlo, oltre Mile con cui ho un rapporto diverso, direi Paulo”.
Dal futuro cosa si aspetta?:
“Il lavoro è lavoro, quello con Benfica e Roma mi ha fatto crescere molto, ma ciò che è più importante per me è che le persone con cui ho lavorato possano dire che io sia una brava persona. In vita mia io voglio essere ricordato come una persona buona. Credo di esserlo”.
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