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Calcio

De Rossi si racconta: “Dopo Juric sarei tornato, su Lina…”

Il tecnico rossoblù ha rilasciato un’intervista a DAZN in vista del match contro la sua Roma. Tra ricordi ed emozioni, l’ex numero 16 non ha nascosto la difficoltà nel preparare l’impegno.

Questa è la prima intervista che accetti.
“Abbiamo avuto tante richieste, ma ho deciso di fare solo quello che mi piace!”.

Roma, Mancini tra De Rossi e Mourinho: doppio retroscena (Ansa Foto) – Dajeromatv.it

 Ambrosini: “Abbiamo condiviso il giusto. Ma io a un certo punto mi sono staccato dalla routine del calcio. Come hai fatto a coniugare i tuoi interessi calcistici con quelli esterni?”
“Mi sono fatto esonerare prestissimo! (ride, ndr) Questa è la soluzione! Tolti gli scherzi, chiunque ha questo concetto di poter dare unicità ai suoi affetti non può fare questo lavoro. Lo spogliatoio è la nostra altra famiglia, è difficile staccarsene e bisogna trovare un equilibrio che solo una donna e una famiglia forte possono dare. Altrimenti si esplode. Una vola ho sentito Allegri parlare di questo: questo lavoro va fatto a trecentosessanta gradi. Ma l’arresto del tempo è una scelta. Non dico che sia sbagliato ciò che fanno gli altri. Se esce ‘Stranger Things’, voglio guardarlo… Ho smesso di leggere i libri, perché dopo un po’ mi distraggo e torno a pensare agli schemi. Ma i film e le serie tv mi piacciono, mi permettono di staccarmi dalla routine e migliorano anche, un pochino”.

Quando sei stato fermo hai dovuto rifiutare tante offerte? Ti sei pentito di qualche scelta che hai dovuto fare?
“No. Non ho rifiutato nulla, sono gli altri che hanno rifiutato me. Io ho rifiutato situazioni in cui non vedevo cose chiare. Nelle prime due esperienze ho avuto problemi con i dirigenti. Con quelli della Spal ho chiarito e ci parlo ancora adesso. Ho avuto problemi anche con l’amministratore delegato a Roma, nulla di clamoroso, ma comunque problemi… Può succedere, ma non voglio che accada di nuovo. Non voglio che passi il concetto che io sia uno che ha problemi con i dirigenti. Una volta feci una conferenza stampa con la Spal e parlai di quanto non fossi contento del mercato e di altre dinamiche: il presidente Tacopina si arrabbiò, con lui avevo un rapporto famigliare. Io dissi la verità, lui mi disse: ‘Chi ti ha detto che puoi dire la verità sulla tua squadra?’. Lì ho capito tante cose”.

Che cosa ti è rimasto dell’esperienza da allenatore della Roma?
“A vederla adesso, mi dispiace nonostante io stia benissimo. La Roma sta avendo un exploit di cui sono felice ed era ciò che avevo predetto. Dicevo: ‘Alcuni giocatori inizialmente faranno fatica, poi andranno meglio e il terzo anno potremo lottare per lo scudetto’. Non eravamo pazzi completamente nel puntare su questo gruppo, perché per me è molto forte”.

Non ti credevano quando lo dicevi?
“No, no. I presidenti, tra virgolette, pendevano dalle mie labbra. Con loro avevo un rapporto costante e a livello calcistico, con tutti, ho sempre avuto ampia libertà sulle scelte. Si fidavano, addirittura hanno iniziato a chiedermi le cose prima di confermarmi come allenatore per i successivi tre anni. C’era grande rispetto dei ruoli da parte di tutti. Poi si sono incrinate delle cose e di quello mi dispiace, però penso che siamo stati lì, abbiamo fatto una cosa che io e il mio staff, sempre tra virgolette, non meritavamo. Non si è mai pronti all’esonero: era settembre, a causa di questa squadra (il Genoa, ndr) che ora ha un debito con me, perché mi ha fatto esonerare…!”.

De Rossi: “Ho subito guardato quando avrei giocato con Roma e Lazio”

L’hai vissuta come un’ingiustizia?

“Un po’ ci vai sopra perché pensi di essere a posto con la coscienza, nel senso che non ho mai abbassato di un centimetro l’impegno; tradito chi era lì dentro; usato il fatto che al di fuori avessi un potere grande a Roma. Ai miei occhi è importante. Se mi fossi tradito da solo, non sarei stato orgoglioso di ciò che abbiamo fatto, anche se non abbiamo vinto nulla. La si prende male perché ogni volta che si viene esonerati, e a me è successo due volte, si smette di vivere quella cosa che piace. Non penso di aver provato più dolore quando sono stato esonerato alla Roma, rispetto a quando è accaduto alla Spal. Ha lo stesso valore. La cosa che manca è non lavorare più con quei giocatori. Ed è brutto andarli a salutare. Quando ho salutato i ragazzi della Spal, eravamo in una palestra più brutta di quella di Trigoria, con giocatori che erano meno bravi e una società meno forte di quella della Roma. Ma i ragazzi piangevano tutti a Ferrara. E c’è poi il senso di incompiutezza. Che fa pensare: ‘Fammi fare, che metto a posto!’. Ogni tanto, questo torna fuori”.

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Quando sei diventato allenatore del Genoa, hai guardato il calendario? Hai pensato: ‘Quando torno a Roma?
“Sì, ho guardato quando avrei giocato con la Roma e la Lazio (ride, ndr)”.

Non vedi l’ora?
“Si tratta di una sensazione particolare. Sono curioso. Da bambino la vivi in un modo, da ragazzo del settore giovanile in un’altra maniera, da giocatore in maniera focosissima e da allenatore in modo folle. Ho sempre desiderato tutti i giorni che la Roma vincesse, questa è la cosa che mi fa più ridere. Per una settimana dovrò lavorare per far perdere la Roma… Ancora ora se la guardo non sto lì come da ragazzino: la guardo da collega, da ex giocatore ; guardo ciò che fa l’allenatore. Ma se vince, io sono contento per la Roma”.

C’è stato un momento in cui potevi tornare alla Roma?
“No. Hanno fatto una scelta talmente chiara… A Roma si parla sempre e il nome mio accostato alla Roma funziona sempre. Non credo che se fosse successo sarebbe stato il passo giusto per me. Eppure, ci sarei tornato. Perché credo nella squadra e in quei giocatori”.

Luca Budini

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