La Roma si sveglia con la paura addosso. L’infortunio di Paulo Dybala al flessore, arrivato nel finale di Milan–Roma, rischia di essere una notizia pesantissima non solo per il presente, ma anche per il futuro molto prossimo della stagione giallorossa.
L’argentino ha sentito tirare alla coscia sinistra subito dopo il rigore calciato a San Siro. Ha subito capito che qualcosa non andava: il gesto verso la panchina, l’espressione, il passo accorciato. E poi l’uscita. Il copione, purtroppo, è sempre lo stesso. La Roma ha già programmato gli esami diagnostici per domani martedì 4 novembre: serviranno per definire con precisione l’entità del danno. Ma già ora a Trigoria nessuno sta parlando di “problema lieve”. Anzi: c’è una sensazione concreta che si possa trattare dell’ennesimo stop vero.

E questo, per la Roma, significa rimettere tutto sui numeri. Perché i numeri – nel caso di Dybala – sono il cuore del problema. Da quando è arrivato a Roma si è fermato 19 volte. In totale ha saltato 62 partite ufficiali. Ha accumulato 352 giorni senza poter essere a disposizione. Una somma che corrisponde a quasi un anno intero senza poter incidere sul campo.
La cosa più amara – in tutto questo – è che Dybala sembrava essersi rimesso davvero dentro al flusso di partite, ritmo e competitività. Negli ultimi match Gasperini aveva puntato forte su di lui. Era tornato a essere un riferimento. Aveva messo minuti pesanti. Aveva ritrovato continuità. Era apparso dentro al gruppo con convinzione e con presenza agonistica. Poi questa nuova frenata. E stavolta – anche per il contesto – pesa ancora di più.
ll nodo Dybala: talento decisivo, disponibilità minima
Il paradosso tecnico è evidente: la Roma oggi ha bisogno della sua qualità più che mai. L’attacco è il reparto che ha creato più discussioni, riflessioni, anche autocritiche. Gasperini stesso in conferenza ha riconosciuto che la squadra deve trovare un livello più alto di pericolosità e concretezza, e che le rotazioni davanti sono state limitate anche dalle condizioni degli altri. Bailey è appena rientrato da mesi fuori, Ferguson ha avuto problemi alla caviglia e sarà out per qualche settimana, Soulé sta giocando moltissimo. E in questo scenario il peso su Dybala è diventato inevitabilmente enorme.

La domanda vera – che nessuno può evitare – è: quanto regge uno scenario in cui il giocatore più determinante è quello che più spesso non può essere disponibile?
Non è una questione tecnica. Non è un giudizio sul valore assoluto del calciatore. È una questione di pura continuità: nel calcio moderno il talento serve, ma serve se può giocare. La Roma ha costruito negli ultimi mesi una squadra con identità precisa, con blocco centrale riconoscibile, con una struttura che – nelle partite di alto livello – si sta vedendo sempre di più. Ma il vero salto, il salto che cambia la percezione del club, passa inevitabilmente da quanto riuscirà ad avere i suoi migliori giocatori nel momento decisivo della stagione, nella loro miglior forma e la continuità che questi potranno dare alle loro prestazioni.
E qui c’è un ultimo nodo che non può essere ignorato: Dybala è un giocatore che pesa anche a bilancio. Ha un ingaggio importante. Ha un contratto in scadenza nel 2026. E la Roma, nel prossimo futuro, dovrà ragionare anche su questo equilibrio: quanto è possibile programmare con un protagonista che è straordinario quando c’è, ma che si ferma con questa frequenza?
Ora però conta una sola cosa: la risposta degli esami. Da quella diagnosi la Roma capirà se sta parlando di uno stop relativamente breve o se questa volta lo scenario può diventare più serio.





